Qualche giorno fa mi sono imbattuto nella pagina facebook di
www.mollotutto.com ed incuriosito dai
commenti e dalla retorica della proposta ho approfondito la lettura di alcuni
articolo e delle informazioni che i creatori del sito davano su loro
stessi. Chissà, mi sono detto, se
Zygmunt Bauman ha avuto modo di leggere questa descrizione; la troverebbe
davvero uno splendido esempio per mettere in evidenza alcuni espetti della società
liquido-moderna. In particolare quella che a me piace chiamare l’estetica
dell’egoismo.
Ma leggiamo la descrizione:
“COSA SIGNIFICA MOLLOTUTTO?
Trasferirsi all'estero? No! Non necessariamente.
- L'accezione di MOLLOTUTTO che piace a noi è quella di "non mentire a se stessi", ma impegnarsi a "seguire i propri sogni" con la consapevolezza che non sono gli stessi per tutti…
- Quando scopriamo che stiamo vivendo i sogni di qualcun altro: dei nostri genitori, del nostro partner, del nostro "capo", etc... e capiamo che questa condizione ci limita ed è causa di insoddisfazione, non dobbiamo esitare a lasciarli andare (i sogni) se non sono compatibili con i nostri. E' in gioco la nostra felicità... i cui confini possono essere tracciati solo dal concetto Kantiano di libertà... "la nostra libertà termina dove inizia quella altrui".
- Sia chiaro, non tutti i sogni portano all'estero, ma spesso lo fanno quando, solo altrove, si trovano condizioni favorevoli alla loro realizzazione.
- Il bisogno di un cambiamento di vita arriva nel momento in cui ci domandiamo cosa conta veramente per noi? La famiglia, i soldi, il prestigio, gli amici, i figli, la sicurezza, il potere, la libertà, l'amore? Ognuno di noi ordina questi valori in modo differente... Ma la nostra soddisfazione personale e serenità dipendono dall'onestà della nostra risposta.”
In questa breve descrizione appaiono evidenti gli aspetti peculiari di quella che possiamo chiamare estetica dell'egoismo.
Rimanendo (e lo faremo fino alla fine) all’interno della terminologia propria
di Bauman [tutti i virgolettati sono tratti da Modernità liquida e L’etica in
un mondo di consumatori] possiamo accennare alla maniera in cui questa
“estetica” si è andata affermando.
Il marchio di fabbrica della società moderna viene
individuato da Bauman nel processo di “individualizzazione” laddove, ci
avverte, “il significato di individualizzazione continua a cambiare, assumendo
sempre nuove forme via via che i risultati accumulatisi nel corso della sua
storia scardinano le regole ereditate, determinano nuovi precetti comportamentali
e stabiliscono sempre nuove poste in palio”.
“Il processo di individualizzazione nell’epoca moderna ha
comportato primariamente il passaggio della identità umana da una cosa data in un compito. L’individualizzazione dunque consiste nel realizzare una
autonomia de iure a prescindere che
sia stata conseguita una autonomia de
facto”. Ed essere un individuo de iure significa non poter addossare
a nessuno la colpa della propria miseria.
Il processo di identificazione però si nutre del rigetto
dell’ALTRO, ovvero nel momento in cui si afferma di essere x si afferma
contemporaneamente di non essere y o z. A ciò va aggiunto che i processi di
globalizzazione (non più in corso ma largamente compiuti) “hanno portato a
delle interconnessioni ed interdipendenze mai avute prima”. Oggi “siamo oggettivamente responsabili gli uni
degli altri. Ma ci sono pochi segnali, per non dire proprio nessuno, di una
disponibilità di assumerci di buon grado la responsabilità soggettiva per
questa nostra responsabilità oggettiva”.
Dunque quello che Freud individua come uno dei precetti
fondamentali della vita civilizzata, “amerai il prossimo tuo come te stesso
risulta in assoluta contraddizione con il genere di ragione che questa civiltà
[quella liquido-moderna] promuove: ovvero la ragione dell’interesse personale,
della ricerca della felicità”. Ne consegue che “i concetti di responsabilità e scelta
responsabile, di solito legati al campo semantico del dovere etico e dell’attenzione
morale per l’Altro, si sono spostati, o sono stati trasferiti, nella sfera
dell’autorealizzazione del calcolo del rischio”.
Responsabilità, ora, significa responsabilità verso se
stessi.
“La vittima collaterale di questo passaggio all’interpretazione
consumista della libertà è l’Altro come oggetto di responsabilità etica e
morale”.
In una epoca in cui si configura un livello senza precedenti
di emancipazione dai vincoli, si manifesta una carenza di punti di orientamento
saldi e attendibili, la cui mancanza viene palesata dalla proliferazione di
manuali e autoguide.
Una tra le più popolari, scrive Bauman, sembra suggerire di
stare in guardia dai rischi dell’investire nelle emozioni, meglio occuparsi di
realizzare se stessi. “L’obiettivo finale sembra essere quello di preparare il
soggetto alla relazione con un prossimo che non ha bisogno di cure e che non si
curerà di noi”. Così facendo dunque, dovendo creare la
propria identità, ogni individuo
si trasforma in un artista (come suggeriva Michel Foucault) che crea la propria vita come si
creano le opere d’arte.
L’arte contemporanea, del resto, ci suggerisce l’immagine di
un qualcosa che non è creato per durare nel tempo, quanto l’idea di qualcosa
che deve essere consumato (spesso persino letteralmente) o di qualcosa che
quasi non lascia traccia di se. Le installazioni o ancora di più le performance
sono un qualcosa che ha una propria durata specifica e dunque una fine che
consiste con lo smantellamento dell’opera d’arte.
L’unica abilità che sembra necessario acquisire, in questo
contesto, sembra essere la flessibilità,
“l’abilità cioè di sbarazzarsi delle abilità divenute inutili, quella di
dimenticare rapidamente, di mutare rotta o cambiare strada con breve preavviso
e senza rimpianti, di evitare giuramenti di fedeltà eterna a qualunque cosa e a
chiunque".
In quest’ottica nella società liquido –moderna “dimenticare
è importante quanto imparare, se non di più”.
Ne consegue una diversa idea del tempo (Bauman parla di
puntinismo, ovvero di istanti senza passato o futuro) in cui gli esseri umani
che Elzabieta Tarkowska, cronosociologa, chiama “sincronici” “vivono unicamente
nel presente e non prestano alcuna attenzione alle esperienze passate o alle
conseguenze future delle proprie azioni, una strategia che si traduce in
assenza di legame con gli altri. La libertà individuale viene vista come quella
facilità con cui ci si sbarazza dell’identità individuale e dei legami
interumani”.
L’unica scelta che non viene contemplata tra quelle offerte
da una simile libertà è “la decisione (o addirittura la capacità) di rimanere
fedele alla propria identità una volta costruita”.
“Del resto la nostra società dei consumatori è forse l’unica
nella storia umana che promette la felicità nella vita terrena, ovvero qui e
ora (e in ogni ora successivo)”.
Siamo esseri sempre meno radicati e questa assenza di radici
ci è necessaria per il continuo movimento a cui siamo chiamati. L’identità
dell’uomo, in questo contesto, “esiste solo in quanto progetto irrealizzato”, e
Bauman usa come epigrafe una frase tratta da Alice nel paese delle meraviglie
di Carroll, che dà l’esatta misura di questo
movimento: “Ora, qui, per stare nello stesso posto devi correre più velocemente
che puoi. Se poi vuoi arrivare da qualche parte devi correre due volte ancora
più veloce”.
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