Pagine

"Un Chant d'Amour", poesia di Jean Genet (versione integrale)


Facendo una rapida ricerca mi sono reso conto che la poesia Un canto d'amore di Jean Genet non è disponibile (quantomeno in lingua italiana) in rete. Vi propongo dunque la traduzione di Giancarlo Pavanello (tratta dall'edizione Guanda delle Poesie di Genet). La poesia, composta nel 1946, sarebbe stata poi alla base dell'unica opera cinematografica di Genet, ovvero Un chant d'amour (qui il link al film), anch'essa dedicata a, e ispirata da, Lucien Sénémaud (che vi recita).


Per un approfondimento sull'autore rimando al post "Il canto d'amore di Jean Genet".

Un Canto d'Amore 

Pastore, scendi dal cielo dove dormono le pecore!
(alla peluria di un pastore bell'Inverno ti affido)
di nuovo col mio alito se il tuo sesso è di brina
l'Aurora lo sbarazza del fragile vestito.

Si tratta di amare al levarsi del sole?
I cani dormono ancora nella gola dei pastori.
alziamo il sipario sulla scena di marmo;
il tuo viso attonito è cosparso di sonno.

Oh la tua grazia mi opprime e distolgo l'occhio
bella nave addobbata per le nozze delle Isole
e della sera. Alto pennone! Insulto difficile.
Oh mio continente nero mia veste di grande lutto!

Per un attimo Dio ha una collera in grappoli d'oro
Nel sollievo della resa (respira e si addormenta).
Aiutato dalle mani credo di calare giù il cielo
deponendo tenero sugli occhi i suoi bianchi guanti.

Soprattutto la sua dolcezza ti isola spandendo 
sulla delicata fronte questa pioggia di novembre.
Quale ombra quale africa ti avvogono le membra
crepuscolo dell'alba abitato da un serpente!

Valzer foglia rovesciata e nebbie smarrite
a quale albero annoda la sciarpa fiore del vento?
Il dito gratta il gelo sul legno dell'arpa
figlia dei giunchi in piedi con i capelli divisi.

Sull'orlo della berretta un pollone di nocciolo
di traverso attaccato mi solletica l'orecchio.
Sul tuo collo ascolto un uccello che farfuglia. 
E dormono i miei cavalli in piedi sul sentiero.

Accarezzando l'occhio distratto la spalla del mare
(i miei sandali bagnati hanno le ali scucite)
sento la mano gonfiarsi al tuo calore muscoso
riempiendosi di bianchi greggi invisibili nell'aria.

Ti pascoleranno i miei agnelli dal collo alle labbra
brucando un'erba prelibata dal sole bruciata,
fiori d'acacia nella tua voce sono avvolti:
l'ape vola a rubare miele della loro eco.

Ma la verde bandiera degli errabondi del mare
deve vegliare da qualche parte, prendersi nei poli.
Scuotere la notte, l'azzurro, spolverando le spalle,
nei tuoi piedi insabbiati traforare fonti d'aria.

Per risalirmi nudo su azzurre scale solenni
che si inabissavano fra queste onde di sogni
stanco di perire all'infinito a due dita dalle labbra
l'Orizzonte si addormentava fra le tue braccia piegate.

Le tue braccia nude nitriranno squartando la mia notte.
Damien, neri cavalli sventrano l'acqua profonda.
Al galoppo mi portate via centauri nati dal ventre.
Braccia di negro che muore se il sonno mi fugge.

Ne ho ornato di nastri e di rose la froge,
soltanto la chioma alle fanciulle spogliate,
ho voluto accarezzare la veste soleggiata 
col braccio allungato sopra il ruscello!

La tua spalla ritrosa ha respinto la mia mano:
nella desolazione si consuma al docile polso:
invano è stata amputata, si affretta più agile
(le cinque dita di un ladro dalle unghie scarlatte).

Tante mani sui bordi delle viottole e dei boschi:
accanto al tuo colletto amava vivere nuda
ma un mostro ai tuoi occhi appena diventata
tenendo in mano il calcagno bacerò le dita.

Fucilato di sorpresa un soldato mi sorride
da un pergolato di sangue al muro d'intonaco bianco.
Brandello di discorso agganciato fra i rami.
E sull'erba una mano su alluci imputriditi.

Parlo di un paese scorticato fino all'osso.
Francia dagli occhi profumati, nostra immagine,
sei dolce come le tue notti, forse di più,
come loro ferita, oh Francia, ci capiamo al volo.

Lenta cerimonia al suono di venti tamburi
velati. Cadaveri nudi esibiti in giro per la città.
Sotto la luna un corteo con ottoni sfida
nei tuoi valloni boscosi, durante i lavori dei campi. 

La povera mano si scioglie! Salti ancora
sull'erba. Da una piaga o dal sangue sulle pietre
chi può nascere? Quale paggio, quale angelo d'edera
soffocarmi? Quale soldato con unghie morte?

Coricarmi a quei piedi che molestano i riccioli del mare?
Bella storia d'amore: un ragazzo di paese
ama la sentinella errante sulla spiaggia
dove l'ambra della mia mano attira un fanciullo di ferro!

Sul petto, addormentata - in maniera strana,
cremosa mandorla, stella, ragazzetta avvoltolata:
questo tintinnio del sangue nell'azzurro del viale
a piedi nudi è la sera che risuona sul mio prato.

Ha forma di rosa, che la mantiene così puro.
La conservi. Già la sera la dispiega e diffuso
appare avvolto (tolte tutte le vesti)
fra le lenzuola o, in piedi, contro un muro.

Le mie labbra sull'orlo di questo petalo
scosso male osino cogliere una goccia che cade,
il suo latte mi gonfia il collo, volo di colombe.
Oh resta una rosa con i petali imperlati.

Spinosi frutti di mare mi scorticano i tuoi raggi.
L'unghia sottile della sera saprà fendere la scorza.
La mia rosea lingua con avidità berrà sui bordi.
Se il cuore preso nell'oro di un falso chignon

si rovescia ancorato vivo e non può vomitarsi
in un mare di bile, al tuo sesso aggiocato,
percorso immobile ma in immense falcate 
un mondo senza bontà in cui mi vedi dormire.

Scivolo sotto il mare e la tua onda, sopra,
lavora le assi contorte dalle tue tempeste.
Tuttavia andrò lontano poiché il cielo all'opera
col filo dell'orizzonte in un lenzuolo mi ha cucito.

Senza speranza mi aggiro attorno alla tua casa.
La frusta pende triste al mio collo. Sorveglio
attraverso le imposte i tuoi occhi belli, caprini.
Palazzi di fogliame dove va a morire la sera.

Fischia motivetti farabutti, va' con sguardo duro,
fra i giunchi i tuoi tacchi schiacciano nidiate.
Ritaglia nel vento, in conchiglie dorate, 
l'aria dei mattini d'aprile e frusta l'azzurro.

Ma bada che non sprofondi sfogliandosi ai tuoi piedi
oh mio luminoso sostegno, delle notti la più fragile
stella, fra merletto e neve delle isole,
d'oro le spalle, bianche le dita del mandorlo.

Nessun commento:

Posta un commento