Prima di postarvi qualche
poesia di Reverdy mi piacerebbe riuscire ad introdurvelo
adeguatamente visto che (ne abbiamo già parlato qui) non è uno di
quei poeti di cui si parla nelle antologie scolastiche, non abbondano
sue traduzioni in italiano e poco si presta ad una lettura che non
sia vigile e attenta.
Ho già accennato a Cette
émotion appelée poésie, ora vorrei parlarvi di Le voleur de
talan (Il ladro di talento, edito in Italia nel 1972 da Einaudi
con la bella traduzione di Antonio Porta e con la preziosa
introduzione di Maurice Saillet).
Le voleur de talan
rappresenta un crocevia fondamentale per la poetica di Reverdy, una
di quelle opere che rappresentano sia un punto di partenza che un
punto d'arrivo all'interno della poetica di un autore. La data di
pubblicazione è il 1917. Il pretesto da cui nasce quello che a tutti
gli effetti può considerarsi un romanzo in versi ci viene descritto
da Maurice Saillet che scrive:
“L'idea del Voleur
gli viene da un incidente non banale che ha luogo nella stanza di Max
Jacob, in rue Gabrielle. Pierre Reverdy vede una valigia spalancata –
una sorta di cofano di legno foderato all'interno come se ne facevano
prima del 1914. È piena di carte. Reverdy si china, incuriosito.
Max Jacob chiude bruscamente il coperchio come se gli sbattesse la
porta in faccia.”
Tali atteggiamenti sono
consueti tra i pittori e, del resto, Max Jacob, ci dice Saillet, è
conosciuto per questa sua grande ossessione: Tutti lo copiano.
La chiave di lettura di
un testo che rimane relativamente oscuro è quella suggerita da
Reverdy stesso che in un biglietto indirizzato ad Adrienne Monnier
scrive:
“affido questo libro
alle vostre mani con un'emozione difficile da spiegare a parole. Ma
questo libro maldestro […] è forse il ritratto più fedele di
quello che ero a quell'epoca e rimane ancora uno dei segni più
caratteristici della mia fisionomia”.
E come tale deve essere
letto. E poco importa che Il Mago Abel sia effettivamente Max Jacob e
non Apollinaire, o se si riconoscono o meno gli altri personaggi.
Il libro (di cui Reverdy
era editore e distributore) ad ogni modo rimase pressoché invenduto
e Adrienne Monnier dovette restituire la quasi totalità delle copie
che aveva avuto in deposito.
Per raccontare come nasce
l'idea de Le voleur de talan (oltre
l'aneddoto) e addentrarci nelle sue squisitezze letterarie,
bisogna tornare indietro di qualche anno.
Reverdy si trasferisce a
Parigi nell'ottobre del 1910 all'età di ventun anni. Si stabilisce a
Montmartre, ospitato da un amico. Qui inizia a frequentare i poeti e
soprattutto i pittori che popolano quella parte di Parigi. Fra tutti
(perché determinante nella nascita di questa opera) Max Jacob che ai
tempi abitava in uno stanzone di Rue Ravignac, poi abitato dallo
stesso Reverdy. Qui conosce tutti, da Modigliani a Gris, da Picasso
ad Apollinaire. Nasce anche dalle continue discussioni che Reverdy
non si rifiuta con nessuno di loro la sua poetica, quella poetica che
scorrendo le date delle sue pubblicazioni ha un limite preciso tra
ciò che può chiamarsi un prima e ciò che verrà definito il dopo,
e questo limite coincide appunto con Le voleur de talan.
Ecco la scena: Il Ponte
Nuovo (ovviamente a Parigi) due ragazzi sicuramente illuminati (da un
lampione o da una luce innaturale che li circonda come un nimbo). Uno
presenta l'esiguità tipica di tutti gli squattrinati, l'altro è un
po' più in carne. Visti da lontano sembrano due giocatori che
litigano per un debito di gioco. Invece, sono Apollinaire (con le
bozze di Alcools sotto il braccio) e Reverdy che all'epoca non
aveva ancora pubblicato niente. Argomento della discussione? La
punteggiatura. Apollinaire vorrebbe eliminarla e Reverdy che pure è
d'accordo con questa soppressione ugualmente trova la maniera di
prendere le distanze da Apollinaire per quanto riguarda
l'impostazione tipografia da adottare a soppressione avvenuta. I due,
infatti, si trovano in sintonia per quanto riguarda la soppressione
(Reverdy ad esempio va a capo ogni volta che la punteggiatura lo
richiede, iniziando un nuovo verso) ma divergono qualora tentano di
superare la classica rappresentazione tipografica dell'allineamento a
sinistra che di fatto lasciava metà pagina (quella destra) bianca.
Le alternative? Allineamento a destra, quello alternato, o
centrato...
I realtà entrambi
pensano a Mallarmé e al suo Le coup de dés (1897).
Ma secondo Apollinaire questo tipo di presentazione non è molto
piacevole a vedersi, e non gli risulta chiaro l'intento di Mallarmé.
Per Reverdy invece non ci sono dubbi: quella di Mallarmé è una
presentazione che si rivolge non alla visualità (piacevole o meno)
bensì allo spirito. Cioè non si tratta solo di una disposizione
tipografica ma di una vera e propria sintassi.
Nasce così la sintassi
di Reverdy, quella che sarà la sua personalissima cifra stilistica.
Basta un colpo d'occhio, del resto, per capire la differenza tra
quel prima (rappresentato da Poèmes en prose, Quelques poèmes
e La lucarne ovale) e quel dopo iniziato appunto con Le
voleur de talan e Les ardoises du toit dell'anno
successivo.
Io sono fermamente
convinto che specialmente in Le voleur de talan confluiscono
molti temi affrontati nelle tre raccolte precedenti, che dal punto di
vista tematico presentano già buona parte dei topoi del
Reverdy maturo. A cambiare è quella che abbiamo definito sintassi
dell'anima e non solo disposizione tipografica.
Si
veda l'incipit di Le voleur.
L'arme qui lui perça le flancSa plumeEt le sang qui coulaitnoirde l'encre
L'arma che gli ha bucato il fiancola Sua pennaE il sangue che colavanerodell'inchiostro
Si
nota immediatamente la disposizione tipografica utilizzata per
partecipare all'organizzazione sintattica (del resto sarebbe assai
più evidente se aveste davanti l'opera intera); si nota inoltre un
tema già affrontato nella sua seconda raccolta (Quelques
poèmes, 1916) dove utilizzando
l'impostazione tipografica dell'allineamento a sinistra nella poesia
Horizon scriveva:
Mon doigt saigneJe t'écris
[…]
Du sang versé sur le papier buvardL'encre ne coûte rien
Il mio dito sanguinaTi scrivo
[…]
Il sangue versato sulla carta assorbenteL'inchiostro non costa niente
In
entrambi i casi viene proposta l'immagine del sangue/inchiostro e
della ferita/scrittura anche se con un'impostazione tipografica
differente.
Più
avanti, nel Voleur, si
richiama più di una volta all'idea dell'abbaino (la lucarne
del titolo della sua terza raccolta) usata per guardare il mondo e
che richiama in entrambe le opere con la stessa funzione di
apertura/occhio aperto sul mondo esterno.
L'utilizzo
di immagini ricorrenti (topoi
o leit motiv) è
tipico della poesia di Reverdy, non una banale ripetizione o
monotonia tematica bensì una scelta funzionale. Oltre queste poche
immagini che ho voluto citare proprio perché meno frequenti di
altre, molte ce ne sono che lo accompagneranno in tutte le sue opere:
il topos del giardino, dell'ombra, dell'attesa, delle scale, della
luce intravista all'interno di una casa, di rumori esterni di cui non
si conosce la fonte, dell'inclinarsi di soffitti, pareti, case...
Infine
per citare anche la prima opera (Poèmes en prose,
1915), notiamo che Reverdy ripropone sempre nel Voleur
un'altra immagine già usata in precedenza, e anche questa usata poi
poco frequentemente.
Nel
Voleur scrive:
Le saltimbanque qui faisait destours comique à la terrasse des cafés apparut
Un pauvre corps tro maigrequi flotte dans un maillot rosetrop grande
Il saltimbanco che facevanumeri comici tra i tavolini all'aperto dei caffè
Un corpicino troppo magroche fluttua in un maglione rosatroppo grande
e
in Poème en prose nella
lirica intitolata Saltimbaques
scrive:
L'enfant danse, léger, dans un mailot trop grand
Il bambino danza, leggero, in un maglione troppo grande
Scrivo
questo non per sottolineare l'utilizzo di immagini ricorrenti, di
topoi, nella poesia di
Reverdy, sul quale si può leggere
il saggio Il senso e la notte
di Enrico Guaraldo; quanto per dimostrare che Le voleur de
talan rappresenta un momento
fondamentale nello stile di Reverdy (per le innovazioni tipografiche
e non solo) ma anche di sintesi (sotto il segno del nuovo stile) delle
sue esperienze precedenti. Dal punto di vista dei temi, infatti, già
nelle opere precedenti Reverdy aveva raggiunto parte dei risultati
che poi lo caratterizzeranno nella maturità. Quella maturità che ha
inizio con Les Ardoises du toit
(1918), prima opera dopo l'iniziale stagione poetica di Reverdy che
ha il suo culmine poetico e la sua sintesi in Le voleur de
talan:
Derrière nous tout se dressevivantet le passé que nousavons créé nous-meme nemeurt pas
Dietro di noi tutto si drizzavivoe il passato che noistessi abbiamo creato nonmuore
Riferimenti
bibliografici:
Pierre Reverdy, Il
ladro di talento, traduzione di Antonio Porta, introduzione di
Maurice Saillet, Torino, Einaudi, 1972
Pierre Reverdy,
La magior parte del
tempo, introduzioni e
versioni di Franco Cavallo, Parma, Guanda, 1966
Enrico Guaraldo,
Il senso e la notte, esperienze poetiche di Reverdy, Napoli,
Giannini, 1984
Cos'è "Talan"?
RispondiEliminaSono capitata qui, cercando una risposta alla mia domanda, spero vorrai aiutarmi a capire. Grazie