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Tre poesie di Pierre Reverdy (da La lucarne ovale)


Ecco a voi tre poesie di Pierre Reverdy tratte dalla sua terza raccolta intitolata L'abbaino ovale (La lucarne ovale). Le traduzioni sono mie. Spero, il prima possibile, di rendere disponibile il pdf con la traduzione integrale dell'intera raccolta.
I testi originali sono stati tratti da: Pierre Reverdy, Plupart du temps, poèmes (1915-1922), Paris, Flammarion, 1967.






Il cuore duro

Mai più avrei voluto rivederlo quel tuo volto triste
Quelle guance scavate e quei tuoi capelli al vento
Me ne sono andato attraversando i campi
Nell’umida sottoboscaglia
Giorno e notte
Sotto il sole e sotto la pioggia
Sotto i miei passi crocchiavano le foglie morte
E a volte brillava la luna
 
Ci siamo ritrovati faccia a faccia
Ci siamo guardati e non ci siamo detti niente
E non c’era più abbastanza spazio per riuscire a ripartire
 
Sono rimasto a lungo bloccato contro un tronco
Avevo terribile il tuo amore davanti
Angosciato più che se fossi finito dentro un brutto sogno
 
Qualcuno, infine, più grande di te mi ha liberato
Mi seguiva ogni sguardo in pianto
E certi dubbi contro cui non era possibile fare la lotta
 
Mi diedi in fretta alla malvagità
Alla forza che sfodera i pugni come fossero pistole
Contro il mostro che mi portò via alla tua dolcezza con i suoi artigli
Lontano dall’abbraccio molle e delizioso delle tue braccia
Me ne vado respirando a pieni polmoni
Attraversando campi attraversando boschi
Verso la città miracolosa dove mi batte il cuore

Speranza di tornare

Le mani alzate verso un punto dove gridava una rabbia piena
Si vendicherà
Anche se tutto rimane in silenzio così a lungo
Veglierà su quei magnifici giorni
La flebile preghiera
Il povero pianto
E io senza essere stato né vinto né vincitore
Metà libero e metà schiavo io sono quasi morto
A grandi colpi di falsa gioia ho spinto la Noia
Ora è secca
Dietro l'attaccapanni mobile come un’ombra
Inchiodato al muro
Quel rumore incredibile ci volle
Ero ubriaco come di vino
Avevo già la testa gonfia
La disperazione è singolarmente tenace
Con lei andiamo al fondo di ogni cosa
Quel fondo
Quel buco sondato che non vale la pena
Di vedere
Sono risalito con le braccia irrigidite
Con la bocca amara ritorta
Per la strada ho corso come un pazzo
Fino ai giardinetti in cui giocavo da bambino
Calma e ferocia promettevano le loro gesta
Al più presto
Infine invece di buttarmi a terra
Sfinito come un cavallo usato
Sono arrivato senza sforzi ai piani più alti
Dolcemente cominciava a nevicare

Facciata

L'errabondo avrebbe colpito col suo bastone la terra secca
In quel punto
Davanti alla porta un cane rabbioso ringhia e morde
La famiglia protetta dorme
Dietro le tende
Le imposte chiuse
L’ignoto della strada sulla quale passa il mondo intero
Un grido sinistro nel pieno della notte
Tutti i ladri di sogni sono scappati
Andandosi a disperdere tra le pagine di qualche libro
Le strade ora sono diventate più sicure
E i nostri volti hanno preso una tranquillità incolore
Non temono più il pericolo e non conoscono la morte
Al sole
Imitano le persone di paesi caldi
E c’è una falsa fiducia nella natura
Che noi abbiamo ormai scordato
È tempo di partire dopo un riposo durato tanto a lungo
Da somigliare già alla fine
A causa della civilizzazione siamo tutti uguali
Capiremo troppo tardi il pericolo di questa imitazione
Non ci sono più duelli
I personaggi principali si sono persi
La casa sprangata è come ogni persona
Un’intimità che nessuno conosce
Sguardo in fuori… la curiosità
E la nostra ipocrisia
_________________la paura degli altri
 
Cane da guardia

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