Ogni letteratura
nazionale nasce come conseguenza di una coscienza nazionale sentita
come esigenza da un popolo che tale si riconosce.
Leggendo quella che viene
chiamata storia della letteratura universale è facile rendersi conto
che l'aggettivo “universale” è usato in maniera viziosa da parte
di una cultura, solitamente quella delle nazioni economicamente e
militarmente dominanti che la impongono alle nazioni soggette alla
loro influenza e a loro, economicamente e militarmente, subordinate.
Questa brevissima
riflessione nasce e vuole essere una premessa ad una storia della
nascita della letteratura romena, vista anche in virtù di una
propedeutica contestualizzazione di alcuni autori romeni di cui mi
piacerebbe scrivere in seguito.
Per parlare della
letteratura romena bisogna conoscere alcuni aspetti della storia
antica di quella regione un tempo chiamata Dacia (l'attuale Romania).
La Dacia venne
conquistata da Traiano dopo due sanguinose battaglie (101-102)
(105-106). La dominazione romana durò fino al 271, anno in cui venne
abbandonata ufficialmente da Aureliano e conquistata dai goti. Così come per tutte le
regioni conquistate dai romani la convivenza fu pacifica e spesso
positiva per il popolo conquistato. Infatti seppure gli apparati
burocratici cambiarono struttura e interpreti, con la fine
dell'influenza romana, nelle periferie e sopratutto nelle campagne
restarono in vita le tradizioni e lo stile di vita acquisito sotto la
dominazione.
Non
riuscirono ad eliminare queste tradizioni né i goti né i numerosi invasori che si
succedettero in Dacia (mongoli, slavi, magiari). Infatti nonostante la
vicinanza al mondo slavo e nonostante i tentativi con cui gli slavi
cercarono di cambiarne l'identità, il popolo romeno non solo li mantenne ma diede vita ad
una lingua volgare apparentata alle lingue romanze occidentali più
che a quelle slave.
L'unione delle influenze
dell'antico idioma dacico (soprattutto parlato) e del latino (lingua
ufficiale) diede vita alla lingua romena. L'appartenenza della lingua romena alle lingue romanze è resa
evidente dalla sua grammatica e solo in parte dal lessico che invece ha subìto diversi influssi, sopratutto prestiti dalla lingua slava.
Le vicende storiche che
seguirono l'abbandono della Dacia da parte dei romani (impossibili da
riassumere brevemente) hanno portato ad un ritardo dell'unità nazionale della
Romania e soprattutto ad una tardiva presa di coscienza dell'identità
nazionale. È solo nel cinquecento,
infatti, che ebbe inizio una vera e propria azione volta al
riconoscimento della lingua romena parlata e conseguentemente contro
la lingua letteraria ufficiale, lo slavo.
La letteratura romena nasce, come in parte si è già detto, dalla
progressiva presa di coscienza da parte del popolo romeno della
propria identità e della propria origine. È nel cinquecento che
valacchi, transilvani e moldavi (le tre regioni storiche che
compongono la Romania) accomunati dalla lotta contro la lingua
ufficiale, lo slavo (lingua solo scritta e non parlata dal popolo) si
resero conto di parlare la medesima lingua e di essere un unico
popolo: quello romeno. A questa scoperta si unì quella altrettanto
importante, della loro origine latina.
Infatti, si era venuto a creare un
percorso parallelo in cui la lingua slava era la lingua ufficiale e
altresì quella usata dalla chiesa ortodossa che per tutto il
medioevo aveva detenuto il monopolio della vita culturale del paese;
ugualmente però in tutti i restanti aspetti della vita quotidiana
prevaleva l'uso della lingua parlata, il romeno.
Il passaggio dal parlato
allo scritto avvenne molto lentamente e le testimonianze di romeno
scritto sono molto tarde. A cominciare dal X secolo, infatti, si era avuto un impulso dell'attività culturale in lingua slava, le
cui prime testimonianze in area romena risalgono al XIV secolo;
mentre per i primi scritti in volgare romeno bisogna attendere il XVI
secolo.
Lettera di Neaşcu di Câmpulung (1521) |
L'equivalente romeno dei
nostri placiti capuani (960), cioè il primo atto ufficiale in
cui viene utilizzata la lingua volgare romena, è la Lettera
di Neaşcu di Câmpulung, datata 1521. La lettera utilizza
l'alfabeto cirillico, alfabeto che la lingua romena utilizzerà fino
al 1780 anno ad iniziare dal quale verrà sostituito con quello
latino, anche se con alcune aggiunte.
Nel corso del XVI secolo
la lingua romena inizia ad essere utilizzata con scopi letterari;
appaiono, infatti, le prime traduzioni di testi religiosi (vangeli,
commentari, catechismi). Uno dei fattori scatenanti fu la Riforma
protestante e la pretesa, mai avanzata prima, che ogni popolo avesse
il diritto di conoscere la parola di Dio nella propria lingua.
Una delle prime figure
legate all'opera di traduzione fu quella del diacono e stampatore
Coresi, chiamato a Brasov dal Borgomastro Hans Benker, dove tra il
1559 e il 1581 stampò nove libri in lingua romena.
Il primo testo a stampa
in lingua romena fu un catechismo luterano stampato nel 1544 a Sibiu
(sempre con caratteri cirillici).
L'affermazione del romeno
e la sua progressiva standardizzazione si deve, infine, ad alcuni
umanisti che nel XVII secolo lo emanciparono dal modello slavo. In
particolare il metropolita moldavo Varlaam e il boiaro valacco
Nâsturel.
Mentre nel secolo successivo fu il movimento umanista che ne sancì
l'ufficialità.
Queste,
in somma e brevemente riassunte, le vicende che hanno dato vita alla
lingua romena.
Risulta
evidente come ogni lingua, ogni letteratura e ogni popolo che l'ha
generata (anche se credo che il rapporto di influenza tra la
lingua/letteratura e il popolo sia vicendevole) si sviluppi in
maniera autonoma e progressivamente (nella storia, con il progredire
delle comunicazione) aumentando le influenze reciproche e i contatti tra le diverse letterature nazionali.
Trovo vizioso, però, individuare una letteratura nazionale (come si
è già detto, per motivi economici e militari) e considerarla come
una pietra di paragone di tutte le altre. È per puro pregiudizio (o
per malcelata propaganda), infatti, che nei corsi di studio di ogni livello si
studi la letteratura francese, inglese, americana o russa e non
quella romena, cilena, libica, persiana ecc...
Dunque sarebbe opportuno, nel leggere o nello studiare un libro o un autore fare riferimento non tanto ad un'idea presunta "universare" di letteratura globale, che se è possibile che esista ora, nell'era globale, è molto improbabile che esistesse nei secoli passati, quanto piuttosto fare riferimento alla storia del suo popolo, della sua lingua e possibilmente alla maniera in cui il popolo stesso (nella propria lingua) si riconosce e non a come questo viene visto dalle già dette nazioni (e culture nazionali) dominanti.
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