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[Parte nona e decima] …un double soupir d’amour! Dossier Escousse/Lebras. Escousse e Lebras nella letteratura francese e nella stampa italiana



Escousse e Lebras nella letteratura francese

La figura di Escousse stata resa popolare soprattutto da Pierre Jean de Béranger che ne a scritto un elegia commovente nella sua chanson Le suicide, come abbiamo già avuto modo di leggere. Di Escousse e Lebras abbiamo già visto anche la memoria scritta da Alexandre Dumas. Tuttavia la figura di questi due ragazzi ha avuto una eco straordinaria nel corso di tutto l’ottocento francese ed è stata ricordata da molti poeti e scrittori dell’epoca.

Théodore Villenave pubblica già nel 1832 il suo poema intitolato Escousse et Lebras. Auguste Brizeux in L’Elégie de Le Braz scrive:

Scordando il paese, informatevi allora,
dove del povero Le Braz fu abbandonato il corpo;
e poi davanti al corpo bruciato dal carbone,
sognate com’è morto, come le persone oneste, sincere e buone.
Lasciò così il suo angolino di terra,
ai bordi di una strada la sua casa solitaria…”

Lo ricorda anche Hégésippe Moreau nel suo Myosotis:

Ho visitato Parigi; Parigi, terra più arida ancora
delle rocce di Taurine a chi supplica una parola;
dove manca l’aria all’aquila che progetta il volo;
dove i giovani talenti, scossi dal destino,
inciampano alla fine, di scosse in scosse,
nella fossa dove scomparve il giovane Escousse,
hanno, affrontandosi, una sola salvezza a cui abbandonarsi,
la salvezza monastica: Fratelli, c’è bisogno di morire!”

Li cita anche Alfred de Musset nel suo poema Rolla in cui scrive:

non abbastanza folli per farsi monaci trappisti,
ma per fare come Escousse, accendendo uno scaldino”

Una eco del suicidio di Escousse e Lebras si coglie anche in Une fille d’Eve di Honoré de Balzac:

Da allora il suicidio regnava a Parigi; doveva essere l’ultima parola di una società incredula; Raoul si era convinto a morire. La disperazione è una ragione di speranza, e lui non aveva altro obiettivo che la tomba […] Raoul si asfissiò come una semplice sartina, con una stufa.”

Li cita Victor Hugo in Les Misérables:

A forza di uscire e sognare, viene un giorno che va a gettarsi all’acqua. L’eccesso di sogni fa gli Escousse e i Lebras.”

Théophile Gautier scrive, in Avatar:

Era dunque un personaggio tutto d’un pezzo, incapace di gettarsi in un ghiacciaio alla maniera di Manfred o di accendere uno scaldino come Escousse”

Infine il già citato Tristan Corbière che in Un jeune qui s'en va scrive:

Escousse morto nell'estasi
di se stesso...”

(Per i riferimenti bibliografici di questo paragrafo mi rimetto direttamente alla bibliografia di Claude Schopp,Victor Escousse. Naissance d'une légende) 

Escousse e Lebras nella stampa italiana

[La notizia di questo duplice omicidio forse era giunta in Italia proprio dalla lettura di quei giornali parigino che si trovano nelle sale e nei gabinetti di lettura, tuttavia ancora nel 1837 (cinque anni dopo l’accaduto) la notizia viene ripresa dal giornale «La Fama» precisamente quello di Mercoledì 15 marzo 1837]

Guadagni dei letterati francesi - […] Vo’ ricordare due giovani che si sono uccisi per disperazione, per orgoglio, per misantropia, per fame, per sete, per delirio, per noia, per viltà, per eroismo, per tutto quel che di peggio volete: Escousse e Lebras.
Pochi giorni dopo la rappresentazione del componimento di Escousse, in cui il pubblico aveva applaudito all’esordire d’un autor drammatico ancora fanciullo, comparve un articolo firmato J.J. che formava del giovane autore un felicissimo oroscopo. Esaltato da questi elogi, Escousse si creava sogni di felicità, di gloria e di fortuna: credè assicurato il proprio avvenire. Possedea senza dubbio ingegno, ma la lode gli sconvolse il cervello, e troncò lo slancio delle nascenti sue doti. A quel componimento ne succedè un altro, Pierre III, che eseguito al Teatro Francese, fe’ una solenne caduta. Il pubblico fattosi verso Escousse più esigente, s’aspettava assai da un autore, il cui impegno pareva dovesse ogni di più andare crescendo: quanto al giovane scrittore prese ad odiare un pubblico sì ostile e malevolo. Paul rappresentato al Teatro della piazza della Borsa e Rémond a quello della Gaité, soggiacquero alla stessa sorte di Pierre III. Ora egli avea un suo collaboratore nel dramma Rémond, Augusto Lebras, giovane deditissimo alla malinconia. Chi qualche volta entrava la sera al caffè della Porta S. Martino, notava a destra seduto ad un tavolo quel giovane, pallido, di triste fisionomia e silenzioso, talvolta sghignazzante d’un riso febbrile e convulso. La sua anima era religiosa; ma la religione di lui si smarrì: coperto di miseri cenci, non era perciò meno orgoglioso, ed avrebbe arrossito d’accettare da chicchessia il menomo soccorso. Lebras avea l’animo e i sentimenti d’un poeta: ma la sua mente non era ancora matura; era poeta e voleva diventare autore drammatico, autore valente, riescire, essere felice. Vittore Escousse gli si legò d’amicizia e quando il loro ultimo componimento fu coperto di fischi, egli scrisse a Lebras: - Moriamo – e la proposta fu accettata. Escousse però avea un padre! Ambo morirono asfissiati: tale fu lo scioglimento del dramma.”
(Fonte: «La Fama», Mercoledì 15 marzo 1837)


Il Dossier Auguste/Lebras nella versione essenziale dei soli documenti da me individuati e tradotti, e corredati solo di una brevissima premessa o, quando necessario, di un'altrettanto breve contestualizzazione, è disponibile in formato pdf nel seguente link ( Dossier Escousse/Lebras pdf ) o nella bacheca I quaderni del letterato Franz Laszlo Melas della home page.

 

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