Victor
Escousse et Auguste Lebras
Memoria di Alexandre Dumas
“Nel frattempo, era in
scena, al Théatre-Français, il dramma Pierre III,
dell’infelice Escousse. Non ho visto Pierre III; l’ho
fatto cercare per leggerlo: il dramma però non è stato stampato, a
quanto pare.
Ecco quello che disse Lesur nel suo Annuaire del 1831:
“Théatre-Français (28 dicembre) Prima rappresentazione di Pierre III, dramma in cinque atti in versi, del sig. Escousse.L’insuccesso di questa opera assesta il colpo di grazia al suo autore, forse ancora ubriaco del successo di Farruck le maure. In Pierre III, né l’intreccio, né la verosimiglianza, né la logica, sono state rispettate. Abbiamo un deplorevole esempio di quella letteratura “frenetica e barbara” (sono mie queste parole) fatta diventare di moda da uomini dal talento troppo reale perché il loro esempio non fosse vittima di deplorevoli imitazioni. Ma chi può mettere in dubbio che vita e opera di un autore non siano legate tra di loro? Ancora una prova, ancora un fallimento e il disgraziato Escousse dovrà morire!...”
In effetti ben presto Victor Escousse e Auguste Lebras realizzeranno
in collaborazione, per il Gaité, il dramma Raymond, un vero
fiasco.
C’è da dire che la critica si è crudelmente scatenata contro
questo dramma, come possiamo vedere, dopo le ultime parole della
pièce, nel post-scriptum, di poche righe, firmato da uno
degli autori:
“P.S. questa opera ci ha portato molte critiche, e, va detto, poche persone hanno tenuto in considerazione ai due poveri ragazzi, di cui il più anziano appena ventenne, il tentativo che hanno fatto di interessare con cinque personaggi, eliminando tutti gli accessori del melodramma. La mia intenzione, tuttavia, non è quella di prendere le nostre difese. Solamente voglio rendere pubblica la riconoscenza che ho nei confronti di Victor Escousse che, per aprirmi le porte della drammaturgia, mi ha concesso di poter collaborare con lui. Voglio pertanto difenderlo, quel tanto che è in mio potere, dalle calunnie che, da ogni parte, fanno riferimento al suo carattere e gli imputano una vanità ridicola che non gli riconosco. Lo dirò ad alta voce, io non posso che compiacermi del modo in cui mi ha sempre trattato, non solo come collaboratore, ma anche come amico. Possano queste poche parole scritte con franchezza, ammortizzare i colpi che l’odio ha il piacere di lanciare contro un ragazzo il cui talento, spero, metterà a tacere le parole di quanti l’attaccano senza conoscerlo.Auguste Lebras.”
Del resto, Escousse aveva ben compreso che con il successo sarebbe
venuta anche la battaglia, con il miglioramento della sua condizione
materiale la recrudescenza del dolore morale; dopo il successo di
Farruck le maure quando lascia la sua piccola stanza d’impiegato
per prendere l’appartamento un po’ più grande di autore
laureato, dedica alla stanza, testimone delle sue prime emozioni di
poeta e d’amante, questi versi:
Alla mia stanza
Della mia inadempienza,addio, primo soggiorno,dove la mia adolescenzadurò meno di un giorno!Benché un poco si rispettaUn passato senza vanto,Pertanto, povera stanzetta,Io vi abbandono in pianto!
Del destino, senza fifaHo subìto le sue ire;e, quantomeno chi mi tifanon si deve ingelosire.La fame, nel mio ritiro,mi ha colpito entrando…pertanto, povero stanzino,io vi abbandono in pianto!
In braccio alla tristezza,quando succhiavo dal suo seno,stavo con una tenera ragazzama non era mai sereno.Solitario nella mia cuccettaMi addormentavo sospirando,pertanto, povera stanzetta,io vi abbandono in pianto!
Della mia musa, così gentile,una divinità talmente capricciosanon viene per sentireuna musica così ambiziosa.Brillare per l’indiscrezione,è necessario farlo ogni tanto,pertanto, povero stanzone,io vi abbandono in pianto!
Addio! È il destino che mi chiamaVerso una realtà novella:e dentro un letto che mi amascorderò perfino la mia culla.Forse, umile poetino,lontano da qui mi riempirò di vanto,pertanto, povero stanzino,io vi abbandono in pianto!
In effetti, quell’appartamento che Escousse aveva preso per
rimpiazzare la sua stanza, e dove s’installò non certo senza
sofferenze, lo vide rientrare, il 18 febbraio, con il suo amico
Auguste Lebras, seguiti dalla figlia della portiera, che portava uno
staio di carbone.
Quel carbone, era stato acquistato dalla fruttivendola vicina.
Mentre la donna lo misurava:
- credi che uno staio basti? Chiede a Lebras
- si! Gli risponde.
Pagano e chiedono che il carbone gli venga portato immediatamente. La
figlia della portiera lascia, su loro ordine, lo staio di carbone
nell’anticamera, ed esce, senza sapere di aver chiuso anche la
morte insieme ai due poveri ragazzi.
Tre giorni dopo, Escousse, perché non fosse d’ostacolo al suo
piano, ritira dalle mani della portiera la seconda chiave
dell’appartamento.
I due amici si separano.
La sera stessa, Escousse scrive a Lebras:
“ti aspetto alle undici e mezzo: il sipario si alza.
Vieni, così possiamo affrettare il finale!”
All’ora stabilita Lebras arriva, non sarebbe mancato
all’appuntamento: questa fatale idea del suicidio gli era nata già
da molto tempo nel cervello.
Il carbone era già acceso. Sigillarono porte e finestre con dei
giornali. Poi Escousse si mise al tavolo, e scrisse la seguente nota:
“Escousse si è ucciso perché non si sentiva al proprio posto;
perché gli mancava la forza, ad ogni passo che faceva avanti o
indietro; perché l’amore della gloria non dominava abbastanza la
sua anima, se anima aveva!
Desidero che l’epigrafe del mio libro sia:
Addio, terra infeconda
Flagelli umani, sole ghiacciato!
Come un fantasma solitario
Sono passato inosservato.
Addio, palme immortali,
sogno vero quando l’anima è un incendio
mancava l’aria: ho chiuso le ali.
Addio!”
Questo, come abbiamo detto, ha avuto luogo alle undici e mezzo. A
mezzanotte, madame Adolphe, che veniva dal teatro di
Port-Saint-Martin, rientra a casa; abita sullo stesso pianerottolo di
Escousse, e l’appartamento del giovane non è separato dal suo che
da un tramezzo. Un rumore strano le parve pervenire da
quell’appartamento. Ascolta: sente un doppio rantolo. Allora
chiama, bussa sul tramezzo, ma non ottiene alcuna risposta.
Il padre di Escousse abita sullo stesso pianerottolo, sul quale si
aprono quattro porte: sono quelle di Escousse, di suo padre, di
madame Adolphe e quella di Walter, artista che frequentavo a quel
tempo, e che poi ho perso di vista.
Madame Adolphe si precipita alla porta del padre di Escoussee, lo
sveglia, - poiché lui già dormiva – lo costringe ad alzarsi, e ad
andare con lei ad ascoltare il rantolo che la terrorizza.
Il rantolo era diminuito ma era ancora udibile, così udibile che si
distingueva l’accordo funebre dei due respiri.
Il padre ascolta per qualche secondo, poi sorride:
Gelosa! Dice a madame Adolphe.
E se ne va a dormire, senza più ascoltare le sue osservazioni.
Madame resta sola. Fino alle due del mattino lei sente quel rantolo a
cui, lei sola, si ostinava a dare il suo vero significato.
Tuttavia, nonostante fosse stato tanto incredulo, il padre di
Escousse venne perseguitato per tutta la notte da funesti presagi. Al
mattino, verso le otto, va a bussare alla porta del figlio. Non gli
risponde nessuno. Ascolta, e tutto è in silenzio.
Allora gli viene l’idea che possa essere andato ai bagni Wauxhall,
dove il figlio qualche volta si recava. Arriva anche Walter, lui
allora gli racconta cosa è accaduto, e gli mostra la sua
inquietudine mattutina. Walter si offre di andare al Wauxhall, e
l’offerta viene accettata. – Al Wauxhall, Escousse non si era
visto.
L’inquietudine del padre raddoppia; si avvicina l’ora in cui deve
recarsi a lavoro, ma non vuole andare se non dopo essersi
rassicurato, aprendo la porta del figlio. Viene chiamato il fabbro, e
la porta viene forzata non senza difficoltà, perché la chiave che
la fermava da dentro era rimasta nella serratura.
Questa chiave rimasta nella serratura spaventa ancora di più il
povero padre, al punto che, con la porta aperta, lui non osa varcare
la soglia. È Walter ad entrare, mentre lui aspetta poggiato alla
ringhiera della scala.
La seconda porta era sigillata, come abbiamo detto, ma non chiusa con
il lucchetto, né a chiave; Walter la spinge violentemente, facendo
saltare l’ostacolo di carta, ed entra.
I fumi del carbone sono ancora troppo intensi, tanto che quasi
svenne. Entra tuttavia nella stanza, prende il primo oggetto che gli
capita, una caraffa, credo, e lo lancia contro la finestra. Uno dei
vetri si rompe e lascia entrare l’aria di fuori. Walter potendo
respirare, va verso la finestra e la apre.
Gli appare allora l’orribile spettacolo in tutta la sua
agghiacciante nudità. I due ragazzi si trovano riversi e morti:
Lebras in terra, su un materasso tirato via dal letto; Escousse sul
letto. Lebras, gracile di corporatura e cagionevole di salute, era
stato facilmente vinto dalla morte; così non doveva esser stato per
il suo compagno, vigoroso e pieno di salute: lunga, anzi, doveva
essere stata la lotta, e crudele, almeno questo indicavano le sue
gambe ripiegate sotto il corpo, e le mani strette, le cui unghie
erano penetrate nella carne.
Il padre quasi diventava pazzo. Walter mi ha detto spesso di avere
sempre davanti gli occhi i due poveri ragazzi, l’uno sul materasso
e l’altro sopra il letto. Madame Adolphe non volle più il suo
appartamento. Tutte le volte che si sveglia nel cuore della notte gli
sembra di sentire quei rantoli che il povero padre scambio per un
doppio sospiro d’amore!
Conosciamo tutti l’ammirabile elegia che questo suicidio ha
ispirato a Béranger, del resto vorremmo che i nostri lettori
avessero scordato di averla già portato alla loro attenzione quando
ci occupammo dell’illustre chansonnier: cosa che ci permetterebbe
di citarla per intero; ma quale è il modo per lorsignori di scordare
che noi abbiamo già cucito questo ricco ricamo poetico sul lembo
della nostra prosa?
(Fonte: Victor
Escousse et Auguste Lebras
in Mes mémoires
par Alexandre Dumas, Paris, Calman Lévy éditeur, 1884, pp. 1-7)
Il Dossier Auguste/Lebras nella versione essenziale dei soli documenti da me individuati e tradotti, e corredati solo di una brevissima premessa o, quando necessario, di un'altrettanto breve contestualizzazione, è disponibile in formato pdf nel seguente link ( Dossier Escousse/Lebras pdf ) o nella bacheca I quaderni del letterato Franz Laszlo Melas della home page.
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