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[Parte quarta] …un double soupir d’amour! Dossier Escousse/Lebras. Annuncio della morte da parte della stampa


«Courrier des Théatres» 18 fevrier 1832



“Il giovane autore di Pierre III, che aveva felicemente debuttato con Farruck le Maure, Victor Escousse termina la sua carriera in maniera deplorevole. È morto asfissiato con uno dei suoi amici, il sig. Auguste Lebras, accendendo una grande quantità di carbone, suddivisa in due forni e in un vaso di terracotta, dopo essersi assicurato di aver sigillato la porta e le finestre della stanza. Con la nota che hanno lasciato, questi due sfortunati annunciano di aver agito nel pieno della loro ragione. Loro stessi poi si sono scritti i versi che formano il loro epitaffio. Escousse appartiene o vorrebbe appartenere a la presunta scuola che ha per base la cancellazione di tutto quello che noi abbiamo rispettato fin qui, che, ogni giorno, si preoccupa di testimoniare o dubbio o incredulità in qualsiasi tipo di materia, e non dovremmo stupirci che, dall'esaltazione letteraria, questo infelice ragazzo è passato a quella di mettere in scena il suo suicidio come una promessa. [...]

Completiamo quanto abbiamo già scritto con quanto abbiamo finora appreso circa la maniera in cui Victore Escousse si è dato la morte. Ecco i dettagli. Lo scorso giovedì (16 febbraio 1832), come suo solito, questo ragazzo aveva passato la sera in un caffè e rallegrato i suoi amici. Rientrato come solito di buon ora, scrisse due lettere, una al sig. Alexandre Dumas, per pregarlo di finire il suo dramma Faublas [lettere mai trovata], l’altra a Lebras, suo amico, sullo spirito del quale esercitava una grande influenza e che era stato suo collaboratore per il dramma Raymond. Ecco cosa c’era scritto in quest’ultima lettera: “Ti aspetto alle undici e mezzo. Il sipario si alza. Fai presto in modo che si possa affrettare il finale”. Uniti dai sentimenti e dal carattere, questi due ragazzi si lamentavano spesso di quell’angoscia inseparabile dalla vita che loro appena conoscevano! Le tribolazioni collegate all’esercizio della letteratura drammatica, occupavano la loro anima. Dopo aver maturato il loro progetto in grande calma, si fermarono la notte tra il 16 e il 17 per metterlo in pratica. Non era ancora suonata mezzanotte, quando la signorina Adolphe, attrice, che abitava nel medesimo pianerottolo, cominciò a sentire nella camera del giovane Escousse un rumore sordo e dei lunghi sospiri. Allora scese ad informare il padre di Escousse. Entrambi origliarono dalla porta per qualche minuto; ma non sentendo niente, s’immaginarono che il rumore era stato quello del giovane che si metteva a letto, e si lasciarono andare a supposizioni il più lontano possibile dalla triste verità. Quindi ritornarono ai propri appartamenti. L’indomani mattino, il padre non vedendo apparire il figlio, fu assalito dai più tristi presentimenti. Entra allora nella camera e trova sul letto, Escousse e Lebras, morti entrambi mentre si tenevano teneramente abbracciati. Sul tavolo, c’era un foglio con alcune parole scritte da Escousse.



Desidero che i giornali che annunceranno la mia morte aggiungano questa mia dichiarazione nei loro articoli:

Escousse si è ucciso perché non si sentiva al proprio posto; perché gli mancava la forza, ad ogni passo che faceva avanti o indietro; perché l’amore della gloria non dominava abbastanza la sua anima, se anima aveva!

Desidero che l’epigrafe del mio libro sia:



Addio, terra infeconda

Flagelli umani, sole ghiacciato!

Come un fantasma solitario

Sono passato inosservato.

Addio, palme immortali,

sogno vero quando l’anima è un incendio

mancava l’aria: ho chiuso le ali.

Addio!



Sembra che Escousse sia stato l’interprete del pensiero di entrambi i giovani e che Lebras non abbia lasciato niente; come se non avesse una madre, un padre, degli amici! E due ragazzi così giovani che muoiono, che si uccidono con freddezza, senza esprimere un rimpianto, senza scrivere a nessuno, affetti da un deplorabile scetticismo, senza esprimere un desiderio, senza concepire alcuna speranza, già così disincantati delle dolci illusioni e che si domandano addirittura “sempre che io abbia un anima!!!

Che dramma! Non è vero, signori????? […]”

«Gazette de France» 18 fevrier 1832



"La morte dei signori Esousse e Lebras [...] è un fatto di straordinaria importanza e che merita delle profonde riflessioni. Non c’è nessuno che voglia chiedere conto alla società del suicidio di questi due ragazzi dall’avvenire brillante. Tuttavia è possibile che tale evento sia senza rapporto con la nostra situazione politica. La gioventù ha bisogno di avvenire, di futuro. Le è necessario il movimento e una situazione senza sviluppo e senza risultati diventa fatale per lo spirito generoso dei francesi.

Senza dubbio le credenze religiose possono compensare la sterilità del presente; infatti la religione è fede, speranza e amore, e tutte queste tre cose insieme sono la vita delle anime. Se il liberalismo non avesse distrutto l’anima vitale della società, questi ragazzi dotati di talento e di immaginazione avrebbero trovato nei sentimenti francesi questa fiducia in un gioioso avvenire che gli avrebbe impedito di morire. Infatti, le tendenze moderne non sono riuscite a sostituirsi a questo vuoto. la corona d’alloro gli appassisce tra le mani, la gloria non ha più fascino e la patria non è più un legame. È stata definita l’anima come “quella parte che in noi ha bisogno del divino”: ma quando uno dubita di Dio, dubita della propria anima. Quando l’idea di Dio scompare, non esiste più nemmeno l’uomo."

«L’européen» 25 fevrier 1832



“Varie - Il Sig. Victor Escousse che, appena ventenne, debuttava nella carriera drammaturgica con un successo, e il Sig. Auguste Lebras, ragazzo di vent’anni, che aveva associato alla sua prima opera, si sono asfissiati la settimana scorsa.

Il successo di Farruck le maure aveva inizialmente fatto ben sperare il sig. Escousse, ma l’indifferenza con la quale era stato accolto Pierre III qualche tempo dopo, alla Comédie-française, dissolve i suoi primi sogni di fortuna e di gloria. Infine, l’insuccesso recente, al teatro de la Gaîté, Raymond, melodramma che aveva realizzato con l’amico Auguste Lebras, gli dà il colpo di grazia. Da quel giorno, i due ragazzi, disgustati dalla vita, s’incoraggiano l’un l’altro con l’idea del suicidio. Infine, Escousse scrive al suo amico: “ti aspetto alle undici e mezzo; il sipario si alza. Vieni, così che possiamo affrettare il finale!”. Auguste Lebras vi andò effettivamente. Escousse aveva già preparato ogni cosa, il carbone stesso era già acceso.

Si trovò su un tavolo, nella camera dove giacevano abbracciati i due cadaveri, la seguente scritta per mano di Escousse:



Desidero che i giornali che annunceranno la mia morte aggiungano questa mia dichiarazione nei loro articoli:

Escousse si è ucciso perché non si sentiva al proprio posto; perché gli mancava la forza, ad ogni passo che faceva avanti o indietro; perché l’amore della gloria non dominava abbastanza la sua anima, se anima aveva!

Desidero che l’epigrafe del mio libro sia:



Addio, terra infeconda

Flagelli umani, sole ghiacciato!

Come un fantasma solitario

Sono passato inosservato.

Addio, palme immortali,

sogno vero quando l’anima è un incendio

mancava l’aria: ho chiuso le ali.

Addio!



Sognavano la gloria e dubitavano di avere un’anima in loro? E che cosa è la gloria senza la coscienza del bene che si è fatto o che si farà, senza la speranza della responsabilità che si è ben agito per se stessi e per il prossimo? Senza di questo, la gloria è la soddisfazione che cerca l’egoismo nel presente. È inutile che gli artisti reclamino contro questo fermo; è giusto, e i signori Escousse e Lebras erano dei perfetti razionali, allevati e nutriti di individualismo, e hanno commesso l’atto più individualista che è dato all’uomo di commettere.

Gli amici gli avevano detto: “A voi il genio e i beni che porta, gli applausi, la ricchezza, le donne. Dai bambini, fate come noi, e il pubblico vi ripagherà dei vostri sforzi se saprete divertirlo”. Obbedirono, era riuscito a tanti.

Avevano avuto successo, avevano fatto strada, ma non avevano ancora avuto il tempo di amarsi abbastanza per superare gli oltraggi, il disprezzo; non potevano sopportare il ridicolo, e cercarono nella morte un riparo contro la disperazione per l’egoismo deluso. E questo era per loro un atto di forza. Perché avrebbero potuto adoperare contro il prossimo questo egoismo che li ha uccisi.

È la fanciulla che apre la sua anima alle dolci gioie del suo primo amore, che offre tutta la sua vita futura a chi la ama, e che muore perché è stata abbandonata. Sarebbe potuta diventare una meretrice.

Altrettanto i Signori Escousse e Lebras, alla maniera di quegli artisti che noi abbiamo già comprato alla mercanzia di corpo in vendita per strada. Potevamo utilizzare la vena fertile di tutte le bassezze umane, e chiedere al pubblico annoiato il prezzo di una voluttà novella; avrebbero potuto farlo a lungo. Signori identici a loro gli offrivano la soluzione a questo problema. Ma non hanno voluto bere questo calice impuro, e sono morti! Ahimè! Erano puri, non avevano altre possibilità.

C’era abbastanza dolore, potevano entrare nella sofferenza di questo popolo tanto grande, tanto nobile, tanto disinteressato al suo trionfo; potevano studiare i modi di versare balsamo sulle ferite; potevano rappresentare gli uomini sanguinari a cui così generosamente il popolo vittorioso ha donato il proprio destino; potevano portare in luce i vizi di questi sicofanti politici, smascherarne le ipocrisie, stigmatizzare il loro egoismo, potevano in una parola, consacrare le loro facoltà al progresso dell’umanità, al miglioramento delle sorti del popolo; e credendoci o meno, c’era per loro un avvenire e quindi una speranza di ricompensa.

Ma invece, il loro calvario è stato orrendo, perché loro non credevano in loro, ed erano disperati!”


Il Dossier Auguste/Lebras nella versione essenziale dei soli documenti da me individuati e tradotti, e corredati solo di una brevissima premessa o, quando necessario, di un'altrettanto breve contestualizzazione, è disponibile in formato pdf nel seguente link ( Dossier Escousse/Lebras pdf ) o nella bacheca I quaderni del letterato Franz Laszlo Melas della home page.

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