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I Barbari di Alessandro Baricco (e riflessione di Roberto Casati sul colonialismo digitale)


Lo confesso: a me Alessandro Baricco sta proprio antipatico! A pelle, ma non solo. Fino al 2005 non riuscivo a darne una spiegazione precisa. Dei suoi libri dicevo: sono come i fuochi d'artificio! Di lui: scrive ma è come se invece di guardare quello che scrive stesse a guardare chi legge per fargli continuamente l'occhiolino.
Capite che con argomentazioni del genere non si può prendere di mira uno scrittore che frequenta con disinvoltura sia premi letterari che salotti televisivi (solitamente quelli di certa intelligentia di sinistra) e risponde a domande del tipo, perché si scrive? citando i maestri zen e la cultura orientale (che del resto alla parola scritta ha sempre guardato con molto pudore e l'ha sempre praticata con moderazione).
Dicevo fino al 2005 non mi riusciva di dare un nome preciso a quella sensazione di irritazione che provavo nel leggere i suoi "libri". Questa irritazione nel 2005 ha trovato da un lato una spiegazione abbastanza profonda, dall'altro buoni motivi per aumentare. Mi spiego. Baricco (si proprio lui) in quell'anno pubblica I barbari e spiega al mondo (agli italiani sicuramente) (più probabilmente ai soli lettori di Repubblica o pochi altri) i motivi di una mutazione in corso, quella di cui è facile rendersi conto in quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana. Lettura irritante, anche questa a dire il vero. Poiché ad una certà dose di profondità fa coincidere ammiccamenti a profusione e luoghi comuni, tanti e irritanti. Tanti e irritanti ancora di più per chi è in piena infatuazione flaubertiana ed ha appena finito di leggere Bouvard et Pécuchet. Ad ogni modo I Barbari è un libro importante perché propone un oggetto da guardare e lo fa con un punto di vista nuovo. 
Riassumo (mettendo in gioco le mie qualità di sintesi): 
L'anima è un concetto storico nato con il romanticismo e fatto proprio dalla borghesia per giustificare la mancanza di mandato divino (...Sartre docet; del resto è irritante quando vi fa riferimento scrivendo "Come mi ha ricordato un vecchio amico a cui devo spesso parte dei miei pensieri..."); i barbari si stanno sbarazzando volontariamente dell'anima perché l'anima e la profondità vengono inconsciamente riconosciuti come i colpevoli dei disastri del novecento; si sta passando (o si è passati) da una cultura verticale (fare esperienza significava andare in profondità) ad una orizzontale (cioè data dal movimento e dallo spostamento da un'esperienza superficiale all'altra); L'esperienza superficiale (la vetta, il fuoco d'artificio) è data dalla coincidenza di spettacolarità e facilità ( in un certo senso si passa dalla conoscenza alla sensazione: la conoscenza è profondità, la sensazione si sente a pelle).
Baricco infine cerca di far passare l'idea che non bisogna giudicare una giraffa con il metro con cui si giudica un cavallo (poiché, è ovvio, sono due animali differenti). Dunque la spettacolarità, la piacioneria, la facilità che intravvediamo in qualsiasi aspetto della cultura contemporanea (lui analizza il vino, il calcio, i libri) sono dei difetti solo se analizzati con il metro della vecchia cultura mentre per la nuova generazione (i barbari) sono elementi positivi e indispenzabili per il raggiungimenti di quella idea di cultura che, scrive Baricco, è esperibile solo all'interno di sequenze più lunghe (i libri che hanno la chiave di lettura in altre esperienze che non siano i libri e dunque in televisione, nello sport ecc...).
Certo è irritante sentirsi spiegare da un autore i motivi per cui risultano irritanti i propri libri (e non poteva essere altrimenti) ma lo è ancora di più perché pare che egli si ponga al di fuori di questa analisi e il suo sembra essere il punto di vista di un "difensore della patria". Del resto bisogna fare autocritica e ammettere che un nuovo modello si è già imposto ed il mio stesso approccio (qui in questo blog) lo dimostra. Questa, tuttavia, rimane la mia (pur ferma) opinione mentre volendo tralasciare gli ammiccamenti al lettore (va ricordato che seppure dallo stesso autore  venga definito un saggio si tratta di uno scritto ibrido pubblicato tra le pagine di un quotidiano), e tralascinado le decine di passaggi che avrebbero potuto arricchire il dizionario dei luoghi comuni di Flaubert ("Ero l'unico che non avesse le scarpette da pallone (non eravamo poveri ma eravamo cattolici di sinistra"; "Il portiere, quello era sempre un po' matto"; "il fuoriclasse fighetto"; "Ve lo dice uno che piuttosto che fare una vacanza enogastronomica si spara un villaggio vacanze alle Canarie"; ecc...) rimane comunque un buon prodotto del pensiero che oltretutto stimola, riletto dopo otto anni dalla sua stesura, una serie di riflessioni.
Per noi che ci siamo immersi (come i pesci del discorso al Kenyon College di Foster Wallace) è difficile riuscire a capire la realtà, a vederla, tuttavia da quando Baricco ha pubblicato il suo "saggio" ad oggi sono avvenuti (e contiuano ad avvenire) degli avvenimenti di una importanza capitale per il corso della storia. Non ve li elenco. Mi limito a citarne due. L'i-pad. L'ipad? Si proprio lui. Ancora nel 2005 Baricco scriveva: "Il villaggio dei libri è a tutt'oggi molto più una città aperta, in cui coabitano due civiltà [...] il tempo di inventare l'oggetto gommoso senza fili, e allora si, sarà un bel bagno di sangue intellettuale". Ed eccolo lì "l'oggetto gommoso" che rende vero il postulato di Baricco sulla maniera in cui nei vari ambiti culturali avviene il saccheggio dei barbari:
"Complice una precisa innovazione tecnologica, un gruppo umano sostanzialmente allineato al modello culturale imperiale, accede ad un gesto che gli era precluso, lo riporta istintivamente a una spettacolarità più immediata e a un universo linguistico moderno, e ottiene così di dargli un successo commerciale".
Il secondo mutamento che mi sembra rilevante è legato a quello che Baricco definisce il "modello culturale imperiale" e che giustamente diceva essere quello americano. Oggi non so se Baricco farebbe una affermazione del genere, cioè credo ancora che quello americano sia il modello culturale ma che lo sia per inerzia poiché nuovi modelli economici si sono già imposti e non mancheranno di avanzare pretese anche sullo spazio culturale quando di qui a poco si saranno liberati (sempre che ancora ne abbiano) di una certa sudditanza.
Faccio questi due esempi tanto per dare l'idea di come in pochissimi anni siano o stiano cambiando cose che eravamo abituati a dare per certe e che nessuno si aspettava potessero accadere. Vedi la primavera araba e tutte le conseguenze che sta mettendo in atto.
Voglio concludere citando un testo di Roberto Casati pubblicato di recente con l'eloquente titolo Contro il colonialismo digitale: istruzioni per continuare a leggere. Un testo che fornisce innumerevoli stimoli e che si inserisce perfettamente nel dibattito aperto con I barbari e anzi lo continua proprio laddove Baricco si era dovuto fermare. Ecco cosa dice Casati:
"Se il libro elettronico si imporrà e spodesterà il cartaceo, questo non dipenderà dal fatto che è diventato migliore ma dal fatto che le persone vogliono cose come l'i-pad e trovano poi naturale usare queste cose per scaricare libri".
Quello che Casati sottolinea è come il libro sia una app tra migliaia e come di fatto la tecnologia informatica nata come strumento di produzione intellettuale sia diventata uno strumento di consumo intellettuale, una vetrina. Di fatto, ritornando ai libri, non si può rimproverare che non vengano letti quanto piuttosto che si è imposto un modo nuovo di usarli. Quello a cui si è già accennato parlando di  Baricco e a proposito della conoscenza orizzontale. Il libro diventa un anello di una sequenza di esperienze ognuna delle quali vissuta ma senza la possibilità di soffermarcisi, di approfondire. Dunque in quanto anello deve essere preventivamente in rapporto con esperienze diverse, vissute al di fuori dei libri. Il libro viene dunque vissuto come una scatola di informazioni (di nozioni) e non come un mezzo che permetta di raggiungere la conoscenza. Ed è evidente quanto è più facile trovare un'informazione facendo una ricerca digitale piuttosto che su un libro cartaceo.

Seppure, come già ho detto, il libro di Casati offra molti spunti non vado oltre al semplice consiglio di lettura non fosse altro che per acquisire una maggiore coscienza di se e degli strumenti informatici che spesso vengono usati acriticamente. 
Consiglio infine l'intervista di Alessandro Laterza a Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, (qui il link) che spiega i motivi per cui si è deciso di sostituire con Tablet i libri cartacei scolastici di fatto introducendo una "vetrina" commerciale e una potenzialmente infinita fonte di distrazione all'interno di una istituzione che dovrebbe invece difendere le giovani menti dal consumo acritico foss'anche della cultura.

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