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Appendice poetica a "Tudor Arghezi: giullare di Dio tra obbedienza e rivolta"


Come annunciato ecco per voi alcune poesie di Tudor Arghezi nella traduzione di Marco Cugno. Tratte da Tudor Arghezi, Accordi di parole, poesie 1927-1967, Torino, Einaudi, 1972.









Testamént (testamento)

Non ti lascerò erede, alla mia morte,
che di un nome adunato spora un libro.
Nella sera in rivolta che viene
dai miei antenati fino a te,
tra voragini e fosse profonde,
dai miei vecchi arrampicate carponi
e che, ancor giovane, dovrai salire,
il mio libro, figliuolo, è un gradino.

Posalo con fede come capezzale.
Esso è il vostro primo diploma,
dei servi dai ruvidi mantelli,
piedi delle ossa versate in me.

A mutare ora, per la prima volta,
la zappa in penna e il solco in calamaio,
i vecchi adunarono tra i buoi
sudore di lavoro di centinaia di anni.
Dalle loro voci che incitavan gli armenti
ho ricavato accordi di parole
e culle per i discendenti padroni.
le ho impastate migliaia di settimane,
trasformandole in sogni ed in icone.
Ho fatto dei cenci gemme e corone.
Il veleno stillato l'ho convertito in miele,
serbando intatta il suo dolce vigore.
Ho preso l'offesa e filandola leggera
l'ho usata ora a blandire, ora ad ingiurare.
Ho preso da camino la cenere dei morti
e l'ho fatta Iddio di pietra.
Confine alto, con due mondi alle falde, 
che vegli in cima al tuo dovere.
Il dolore nostro sordo ed amaro
l'ho ammucchiato su un solo violino
e ascoltando il suo ritmo ha scalciato
il padrone come un capro sgozzato.
Dalle piaghe, dalla muffa e dal fango
ho cavato bellezze e nuovi valori.
La frusta pazientata si ritorce in parole
e redime lentamente punitrice
la prole viva della colpa di tutti.
È la giustizia resa al ramo oscuro
uscito alla luce della foresta
e che germoglia, come un grappolo di porri,
il frutto del dolore di intere eternità.

Mollemente sdraiata sul divano
la principessa soffre nel mio libro.
Parola di fuoco parola di arte
accoppiate si sposano nel libro,
come ferro rovente in stretta tenaglia.
L'ha scritto il servo, lo legge il signore,
senza sapere che nel suo profondo
cove il furore dei miei antenati.


Flori de mucigai (Fiori di muffa)

Li ho scritti sull'intonaco con l'unghia
sul fondo d'una nicchia vuota,
al buio, in solitudine,
con le forze non sorrette
né dal toro, né dal leone, né dall'aquila
che lavorarono intorno
a Luca, a Marco ed a Giovanni.
Sono versi senza data,
versi di fossa,
di sete d'acqua
e di fame di cenere,
i versi di ora.
Quando l'unghia d'angelo s'é logorata
l'ho lasciata crescere
e non è più cresciuta -
o non l'ho più riconosciuta.

Era buio. Fuori, la pioggia batteva lontana.
La mia mano dolorava come artiglio
impotente a ritirarsi.
E mi sono sforzato di scrivere con la mano sinistra.


Psalm (Salmo)

Correndo in sella al vento, come un principe-azzurro,
ho percorso su e giù le foreste e il paese,
ma giunto sulle vette, incrocio di voragini,
vidi ch'ero impotente a vincere l'altezza.

Nella notte spendente, grandi e cieche le stelle
mi chiamano al cielo e m'ingoia l'abisso.
Ho preso la strada del deserto, la più lunga,
ma non c'è alcun sentiero che mi porti fino a te.

Ti ho inseguito coi versi, le parole e le sillabe,
sui ginocchi e sui gomiti strisciando, a quattro gambe.
Vedendo la sommissione e l'umile mio affanno,
pensai che avresti accolto per pietà l'affamato.

Da lunga vita cerco un tuo incontro di un'ora,
ma a me ti sei nascosto da quando son comparso.
Dovunque tocchi la tua soglia, con sussurro di triste preghiera,
m'imbatto solo in spranghe, lucchetti e chiavistelli.

Furioso per gli ostacoli, vorrei mandarli in pezzi,
ma mi accorgo che devo cominciare col tuo nome.


Psalm (Salmo)

Quando tu mi hai fatto, mi hai detto: ora vivi.
E sono vissuto, così si racconta.

Il mio vivere si chiama vita, e uccide.
Ma tu mi hai detto una volta
che ci uccide la morte, non la vita né l'amore;
questo, umanità, abbiamo imparato dal divino.

Non mi hai mai parlato di lacrime,
ma le lacrime in me sono adunate.
Mi hai persuaso alla danza e al canto,
e non mi hai ricordato anche la tomba.

Tu non hai fatto la terra per grazia e per amore.
Ti occorreva uno spazio, libero e vasto, per i cimiteri.


Psalm (Salmo)

Ti cerco in rumore e in silenzio, 
come di selvaggina spio il tuo tempo 
per vedere se sei tu il falco che cerco.
Per ucciderti e pregarti in ginocchio.

Per fede o per negazione
ostinatamente e invano ti cerco.
Sei il mio sogno, fra tutti il più bello,
e non oso abbatterti dal cielo.

Come nel riflesso di un corso d'acqua
sembri ora essere, ora svanire;
ti ho visto nelle stelle, tra i pesci,
come il toro selvatico quando arriva alla sorgente.

Solo, ora, nel tuo grande mito,
con te sono rimasto a misurarmi,
senza voler uscire vincitore.
Voglio cercarti e urlare: "è!".

La stele

Se ciò che il libro dice, da secoli, è vero,
che nascesti da un ipasto di terra e sputo,
lo scherzo è ripagato bene e vendicato.
Non dovevi pensare, tu, verme, mai.
Il creator di tutto, di rive e di fonti
nel carcere dell'essere ti chiuse coi lucchetti.
Tu dovevi soffrire, subir la dura legge
che l'uomo, come pietra, se ne stesse arido e non capisse;
che fra un bisogno e l'altro, da bestia,
non si facesse strada l'essere, dal ventre alla luce,
che tu fossi solo un ventre, una cartilagine da buttar via
e che obbedissi ciecamente, a comando.
Che soffocassi la tristezza e il desiderio di capire
con ciò che distingue lo stallone dalle giumente.
Il vero primo slancio del mondo
partì quel giorno in cui, sveglio, capisti.
Colui che fece il mondo, Iehova o Satana,
non previde la mente e nella mente un suo nemico.
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Tu lotterai nei secoli con decine di dei
tutti su te ad ordinarti: "Credi!",
per rubarti il tesoro nascosto che nessuno vede.

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