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Le barche si perdono a terra


Patrick O'Brian mi pare, come scrittore, sia dotato di una intelligenza sobria. Cosa, del resto, necessaria se si vuole descrivere il caos-ubriaco di una nave da guerra durante una battaglia. Sarà snobbismo il mio, ma ad O'Brian non chiedo sofismi, o di apparecchiarmi delizie letterarie. Ad O'Brian chiedo di rapirmi e di portarmi sulla coperta affollata di una corvetta di sua Maestà, magari arruolato a forza mentre mi aggiravo ubriaco tra le bettole del porto e le case di piacere. Raramente, vi confesso, ho considerato la lettura come un'attività di svago. Piuttosto un dovere, morale? non saprei? ma non per questo un peso o un'attività priva di piacere. Da qualche tempo però, sarà stato il mio esilio finto-forzato che mi sono imposto, sarà che l'esiguo orizzonte di mare che vedo dalla finestra non mi basta come svago, insomma mi è presa quella voglia che i lussuriosi, qualora non possono accompagnarsi ad una donna, sfogano con la pornografia. Così io, quella voglia di mare e di viaggi tra le onde, impossibilitato a sfogarla sulla prua di una barca vera (una mia Negrier lanciata fra le onde), l'ho sfogata con quella pornografia del viaggio che è la letteratura di mare. Pornografia non in senso assoluto, ovviamente, ma solo per me e in questo caso. Nessuno oserebbe dire che Moby Dick è pornografia e nemmeno io che amo alla follia questa bibbia-romanzo e il suo autore. Ugualmente però è pornografia, per me, quando lo leggo non come l'irraggiungibile vetta narrativa dell'ottocento americano bensì come volgare surrogato del viaggio vero e proprio, al quale null'altro chiedo che svagarmi fingendo l'evasione da questo metro quadro di terra in cui sono nato, cresciuto e in cui presumibilmente morirò.
Patrick O'Brian l'ho conosciuto grazie a Reverte, ché continuamente ne parlava nei suoi articoli di mare. Poi ho visto il film (Master and commander). Alla fine l'ho letto. Io, a dire il vero, per scaramanzia (così come avevo fatto per le avventure dei Malaussène) ho cominciato dalla fine, da quelle poche pagine dell'incompiuto ultimo romanzo. Utilissimo però il lungo saggio sulla Royal Navy di Gastone Breccia che a quelle poche pagine fa da corredo. Poi ho letto il primo, il secondo... ho già acquistato il terzo ma conto di leggerli, vita permettendomelo, con una lentezza ostinata, serbandomeli come da bambini ci si conserva l'indirizzo di un nido di uccelli. Ovviamente, per chi non conoscesse O'Brian, si tratta di una lunga serie di romanzi, tra lo storico e l'avventura, incentrati sulla figura del Capitano Jack Aubrey e del suo medico di bordo, il naturalista spia irlandese vagamente ispirato a Darwin, Stephen Maturin.
Su trama, lingua, struttura, personaggi... non mi pronuncio, sarebbe superfluo. Come per la vita: inutile sentenziare. Si prenda come viene, con i personaggi che ci capiterà di incontrare, siano essi verosimili o da romanzo, siano buoni o cattivi, si prendano pure le ferite, i begli uomini o le belle donne, ai gusti non si comanda, ci si immerga pure fino in fondo senza mai però, questa è la sola cosa che abbiamo da imparare, fermarci a farne un resoconto.
Non so, se così facendo, usando cioè come un mero surrogato della vita i libri di O'Brian, gli faccia un torto o piuttosto un elogio involontario. Ma è a questo scopo che me ne servo... e con grandissimo piacere.


Arturo Pérez-Reverte, Le barche si perdono a terra, Milano, Tropea, 2012
Patrick O'Brian, Primo comando, Milano, TEA, 2012
Patrick O'Brian, Costa Sottovento, Milano, TEA, 2012
Patrick O'Brian, L'ultimo viaggio di Jack Aubrey, Milano, TEA, 2011

Qui la pagina Imdb di Master and commander

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