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Poesie da Damasco (Due poesie di Lukman Derky)


Le informazioni su Lukman Derky non sono molte, praticamente nulle quelle in lingua italiana. Si ha notizia di sue partecipazioni a qualche festival letterario occidentale e poco altro. La sua pagina Facebook, però, è un luogo di incontro e di speranza per migliaia di siriani che vivono in Siria o nel resto del mondo.

Le due poesie qui tradotte in italiano sono state tratte dalle versioni francesi realizzate da Dima Al-Abdallah e reperibili insieme agli originali in lingua araba al seguente link: http://www.tessons.net/Lukman-Derky-deux-poemes




Non ti voglio, Libertà

Non ti abbandonerò paese mio
Non temere
Né verrò da voi paesi della libertà
Non abbiate paura
Non ispezionate il mio passaporto
Dipendenti di ambasciate lussuose
Non parto che per qualche giorno e non resterò da voi
A dilettarmi di Libertà
Non verrò sedotto dalle strade pulite
Né dai sistemi favolosi
Non resterò nemmeno per i sussidi di disoccupazione
Né per le garanzie dell’assicurazione sanitaria
Né per il promettente futuro dei bambini
Non mi farò ostaggio della libertà di pensiero
E la libertà d’espressione non renderà più complicato
Il mio cammino verso l’aeroporto
I Diritti Fondamentali non mi impediranno
Di fare ritorno
Dammelo allora, impiegato, questo visto
Non voglio restare nel tuo paese che pochi giorni
Non sono che un visitatore
Venuto a visitare la tua Libertà
Venuto a visitare la tua libertà d’espressione
Venuto a visitare le tue strade linde
Venuto a visitare ciò che tu e tutti voi avete realizzato
E che mi mancherà
La mia oppressione venuta dalla mia immaginazione malata mi mancherà
Le sbarre delle prigioni fabbricate per i miei antenati
E di cui mi sono preso cura per tutta la mia vita mi mancheranno
Il Partito Unico mi mancherà
Quello che ho nutrito con il mio silenzio
E di cui ho allargato le fondamenta con la mia immensa paura
T’amo paese mio
Amo la tua aria inquinata che hanno prodotto i miei parenti e i miei vicini
E che io abbellisco con la mia sigaretta e con il fumo del minibus che prendo
Amo i tuoi fiumi sporchi nel quale vengono gettati sacchi d’immondizia neri
E i funzionari dei tuoi servizi
Ai quali ho allungato una mazzetta nascosta dentro i documenti
Adoro la stampa mediocre sulla quale io stesso ho scritto
E la nostra televisione noiosa sulla quale io stesso fiero e felice sono apparso
Adoro le statue dei dirigenti scolpite dai miei amici scultori
E le espressioni celebri che riportano i miei colleghi giornalisti
Adoro i funzionari corrotti a cui faccio complimenti a ogni nostro incontro
E amo da morire quest’aspetto unico della libertà calpestata dagli scarponi
Che io stesso ho lucidato
Ti amo paese mio
Perché tu sei il mio paese per me
Ti amo mia miseria
Perché tu sei la mia miseria per me
Non ti voglio Libertà
Io non ti voglio
La Libertà è per coloro che la fanno
Non per i visitatori.

Damasco, 13 luglio 2006


L’ultima partenza

Lasceremo il paese, bel sistema
Porteremo i nostri figli, i nostri padri e le nostre madri con noi, lontano dalla Terra in cui sono nati
E non proveremo nostalgia di niente
Dimenticheremo l’odore della nostra terra e quello delle case
Dimenticheremo le strade su cui amavamo passeggiare
Dimenticheremo le nostre storie d’amore e i nostri amici
Dimenticheremo gli affronti e le detenzioni straniere
Dimenticheremo le poesie e i canti
E partiremo
Dimenticheremo i vostri sguardi osceni sulle nostre belle donne
Dimenticheremo i vostri sforzi per imprigionarci
Dimenticheremo la nostra terribile ricerca della libertà
E voi non verserete nemmeno una lacrima alla nostra partenza
Voi, andate a rallegrarvi

Ma improvvisamente vi morderete le dita

Poiché non avete saputo prendervi cura di noi
Chi acquisterà i vostri prodotti?
Chi frequenterà i vostri ristoranti
O dormirà nei vostri hotel?
Chi utilizzerà le vostre linee telefoniche?
Chi passeggerà nei vostri parchi?
E chi parlerà con i propri amici con i vostri cellulari
E invierà lettere di sostegno ai propri fratelli della resistenza?
Chi manderà i propri figli nelle vostre scuole?
E chi farà il bagno nei vostri mari?
Chi pregherà nelle vostre moschee o nelle vostre chiese?
Chi applaudirà negli stadi
E starà muto nei vostri parlamenti?
Chi si comprerà il vostro pane
E farà la fila davanti ai vostri forni?
Chi si abbonerà ai vostri servizi internet?
Chi leggerà i vostri giornali
E guarderà la vostra televisione?
Noi ci scorderemo ogni cosa
Ma solamente ricorderemo che quella non era la patria
Ma un supermercato
Dove noi non eravamo cittadini
Consumatori, piuttosto.

Damasco, 2006

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